Il nostro “superpotere”
Pensate alle cose belle e buone, perché le dita dei vostri pensieri modellano senza tregua il vostro volto.1
Pensate alle cose belle e buone, perché le dita dei vostri pensieri modellano senza tregua il vostro volto.1
Uno dei temi più affascinanti per chi cerca insegnamenti che lo possano aiutare a trovare la pace interiore è la ricorrente ricetta: “Sii qui e ora”.
Ormai lo sappiamo: la nostra mente è uno strumento potente, e bisogna “imbrigliare i sensi” per mantenerne il controllo affinché non siano essi a condurci di qua o di là come una scimmia che salta da un ramo ad un altro. Sappiamo anche quanto essa sia una vera e proprio matassa di desideri, pervasa com’è da sentimenti e emozioni che per loro natura oscillano, cambiano, si trasformano, trasportandoci in su e in giù, a secondo del caso. Un movimento, (talvolta uno sfinimento), che altera addirittura le nostre vibrazioni cerebrali che salgono o scendono, si abbassano o si alzano, “ridono o si deprimono”, e noi con loro!
Il silenzio è cammino. Chi vi si inoltra passerà dal “tacere”, dal silenzio di parole –come esercizio ascetico-, al “silere”, al silenzio dei desideri e dei pensieri. (1)
Per noi uomini moderni che corriamo freneticamente, il silenzio, oltre ad essere una dimensione sconosciuta, di cui non vale la pena occuparsi, è anche qualcosa da evitare perché in esso emergono emozioni, ricordi, parti dell’inconscio che non si è in grado di affrontare. Nello stesso tempo, la società ci spinge ad essere sempre coinvolti in qualcosa di esteriore, a riempire il silenzio con il suono e, immersi nel rumore, travolti e confusi da una valanga di informazioni, non sappiamo come riposare o rilassarsi o come semplicemente… essere. Ma c’è una parte di noi che aspira alla quiete delle campagne, alla calma delle onde che s’infrangono sulla riva del mare, alla pace dei boschi in cui possiamo ritrovarci ed ascoltarci in uno spazio nuovo e in un tempo inconsueto in cui tutto è più lento e dilatato.
Che cosa significa l’affermazione che leggiamo nella Chândogya Upanishad e altrove: “Tu sei Brahman (Essere Supremo), Quello tu sei”, affermazione che il Buddista ripete con le parole: “Tu sei Buddha?” Questo non sarà mai un fatto di coscienza per voi, per quanto possiate esserne intellettualmente convinti, fino a quando non abbiate ridotto, con la meditazione, la mente inferiore ad essere lo specchio in cui si possa riflettere quella superiore….” (1)
La mente umana è unica e capace di generare immagini e di scegliere una direzione.
Oggi l’uomo ritiene che le difficoltà, la gioia e il dolore siano causati da altri (o da fattori esterni come la politica, la società …) ma questo non è che illusione.
La mente umana non è un organo anatomicamente identificabile; non può essere né toccata, né operata da medici o da chirurghi, poiché è un ammasso impalpabile di decisioni e di dubbi, di voglie e di avversioni. La sua trama e il suo ordito sono i desideri dell’uomo in relazione agli oggetti e alle sensazioni. Essa ama correre dietro ai piaceri esterni e prende la forma delle cose che cerca, ma può anche essere rivolta all’interno, in cerca della soddisfazione e della gioia interiore; perciò, essa può essere tanto uno strumento di liberazione, quanto causa di schiavitù. [1]
Spesso possediamo molte cose materiali ma non abbiamo la pace mentale e la felicità.
La pace non si trova all’esterno ed è una merce rara che non si acquista col denaro.
L’inquinamento dei nostri pensieri provoca l’attuale mancanza di pace.