Pace della mente e “Qui e ora”
Uno dei temi più affascinanti per chi cerca insegnamenti che lo possano aiutare a trovare la pace interiore è la ricorrente ricetta: “Sii qui e ora”.
Uno dei temi più affascinanti per chi cerca insegnamenti che lo possano aiutare a trovare la pace interiore è la ricorrente ricetta: “Sii qui e ora”.
Ormai lo sappiamo: la nostra mente è uno strumento potente, e bisogna “imbrigliare i sensi” per mantenerne il controllo affinché non siano essi a condurci di qua o di là come una scimmia che salta da un ramo ad un altro. Sappiamo anche quanto essa sia una vera e proprio matassa di desideri, pervasa com’è da sentimenti e emozioni che per loro natura oscillano, cambiano, si trasformano, trasportandoci in su e in giù, a secondo del caso. Un movimento, (talvolta uno sfinimento), che altera addirittura le nostre vibrazioni cerebrali che salgono o scendono, si abbassano o si alzano, “ridono o si deprimono”, e noi con loro!
Chi sono Io? La pratica fondamentale.
La parola con la quale siete nati è una sola: “Io”, l’Âtma. Il termine Âtma e il termine “Io” si equivalgono. L’Âtma non ha una forma specifica. Io, io, io, io: se cercate di riconoscere la natura dell’«Io», non avete bisogno di altre pratiche spirituali. 1
Molti maestri hanno detto che la mente è come una chiave, girandola da un lato ci intrappola in pensieri non produttivi, girandola dall’altro ci libera negli spazi della gioia. Uno dei modi migliori per girare la chiave dalla parte giusta, per usare la mente verso la gioia, è la gratitudine. Di solito ci figuriamo la gratitudine come un sentimento piacevole che nasce quando ci succede qualcosa di bello, arriva un dono, incontriamo qualcuno che ci aiuta, e così via. Ma la gratitudine non è solo un sentimento, è un’energia molto forte che può venire coltivata, e da piccolo seme diventare un albero capace di donare ombra e frutti a molte persone.
La nostra anima ha bisogno di solitudine. Nella solitudine, se l’anima è attenta, Dio si lascia vedere. La folla è chiassosa: per vedere Dio è necessario il silenzio. (1)
Il silenzio non è una attitudine scontata della mente e perché diventi una presenza stabile ed amica, dobbiamo fare un lungo lavoro su noi stessi, sulle nostre abitudini mentali alla irrequietezza, alla proliferazione verbale, mentale ed emotiva, al non essere “qui ed ora”. Patanjali nello “Yoga Sutra” ci ricorda che si perviene alla pacificazione della mente ed al silenzio, solo attraverso un lavoro su di noi regolare e costante. Infatti, è solo in virtù della continuità e della perseveranza nella pratica, che diventa possibile raccoglierne i frutti.
Tra i doni più belli e significativi del silenzio, troviamo: l'osservazione di se stessi, il raccoglimento, la meditazione e la preghiera.
Sempre più si sente parlare della meditazione come di una panacea per i problemi di stress e squilibri emotivi della vita, i medici la consigliano, i vari consulenti olistici la insegnano. In precedenza ho trattato l’argomento, e vi rimando anche agli altri articoli per ampliare il discorso. Ma sapete che la meditazione può anche essere una fonte proprio di quello che vorrebbe curare, cioè lo stress? Si sente dire a volte: “Ho provato a meditare, ma mi sono alzato più nervoso di prima…” “Non riuscivo a fermare i pensieri, sono stato fermo un’ora a cercare di calmarmi ma non ci sono riuscito…”
Capita a tutti di notare che sempre più bambini non riescono a star fermi. Irrequieti, iperattivi, spesso mal contenti, saltano da un’attività all’altra, e hanno una grande difficoltà a concentrarsi. Un bel guaio se si pensa che la concentrazione è necessaria per tutto nella vita; non solo per studiare e andare bene a scuola. Anche camminare e andare in bici richiedono concentrazione, come ascoltare chi ti parla, leggere un libro senza diventare subito stufi, e dedicarsi ad un progetto con il giusto impegno.
Tra gli 8 “arti” dell’ottuplice sentiero dello yoga di Patanjali Pratyahara occupa il quinto posto, quindi entriamo nella seconda metà delle pratiche, se vediamo il percorso come una serie di tappe, nella sua parte più meditativa, rivolta sempre più all’interno.
Con il termine consapevolezza si intende uno stato mentale vigile che consente di osservare lo scorrere dell’esperienza, momento dopo momento, come testimoni di qualunque percezione interna od esterna a se stessi, senza respingere o pretendere di modificare alcunché.
Chi vuole veramente cercare la serenità e la gioia di essere, deve ritrovare se stesso, afferrare la sua più profonda natura e ardentemente realizzarla. Tutto questo non implica abbandonare il mondo, rifiutare la vita, contrapporsi alla sfera delle cose periture, ma semplicemente comprendere ciò che si è, risolvendo ciò che non si è. (1)