Abbiamo bisogno di un Guru?
Avvicinandosi alla filosofia indiana e allo yoga nelle sue varianti, si sente spesso parlare del Guru. Guru è una parola che in sanscrito significa “Colui che disperde il buio dell’ignoranza e accompagna verso la Luce” e viene comunemente chiamato anche Maestro. Le descrizioni nei libri parlano di una figura che può essere nota o semisconosciuta, vivente o del passato, che appare nei sogni o in visioni… Il tratto comune di tutte le descrizioni è sempre il rapporto stretto di rispetto, ascolto e amore che accomuna tutti i discepoli.
Possiamo vederlo molto bene nel libro che ha aperto la strada al mondo indiano a molti occidentali, Autobiografia di uno Yogi di Paramahansa Yogananda. Egli ha descritto accuratamente la sua ricerca spirituale e come ha trovato il suo Guru, e ha parlato molto anche dei Guru precedenti, Maestri del suo Maestro. Ma gli esempi non si contano, dovunque esista un Maestro che può aiutare a rispondere alla domanda fondamentale, “Chi sono io?” troviamo discepoli che hanno trascritto fedelmente le Sue parole, e raccontato i progressi che facevano.
Tra tutti i vari testi ho scelto una citazione dal libro “Death must die – Sree Anandamayee Ma and the guru disciple relationship: a devotee’s journey”, basato sui diari di Atmananda, una devota austriaca che dalla sua terra natia e il coinvolgimento con la Società Teosofica è arrivata ai piedi di Anandamayee Ma diventando indiana e raggiungendo lo scopo della sua vita. Nella sua ricerca personale, dopo essere stata 14 anni legata a Sri Krishnamurti, un Guru indiano molto particolare e di rottura, ha trovato pace e una nuova direzione alla presenza di Sri Ramana Maharshi, una delle figure più note e seguite dell’India (vedi anche l’articolo su di lui qui: https://www.saivivere.it/contenuti-tematiche/alimentazione-e-benessere-2/item/463-ramana-maharshi) per poi approdare e fermarsi da Sri Anandamayee Ma, una Maestra di rara grandezza in terra indiana, verso la fine del 1943.
In uno degli incontri con i discepoli, che si svolgevano nel tempio sotto forma di domande e risposte, Sri Ramana Maharshi aveva parlato come sempre della ricerca del vero Sé, che è la nostra vera natura. Egli affermava sempre che era la cosa più naturale da risvegliare, perché non si trattava di “diventare” qualcosa di meglio, diverso, più saggio o quanto, ma semplicemente di smettere di identificarsi con ciò che cambia, il corpo, i pensieri, il respiro stesso, per essere semplicemente Sé stessi, al di là delle apparenze. A questo punto, un discepolo chiese:
Se il Sé è uno, (e noi siamo il Sé onnisciente) perché è necessario avvicinarsi ad un Guru?
Maharshi: In realtà non è necessario, ma poiché stiamo sognando sul piano fisico, la presenza dell'uomo realizzato è necessaria per svegliarci, per ricordarci di noi stessi. Quando l'orgoglioso elefante sogna l'arrivo di un leone, rimane scioccato e si sveglia all'improvviso. Poiché tutti stiamo sognando, è necessario l'aiuto del Guru, all'interno di questo sogno, per costringerci a svegliarci. 1
La possibilità di capire meglio la nostra vera natura stando fisicamente vicino ad un Maestro è molto semplice da verificare, basta vedere la differenza che passa tra leggere una ricetta di cucina e preparare il piatto, o vedere un tutorial filmato, ed essere alla presenza del cuoco che mentre mostra, ti fa cucinare con lui e corregge gli errori appena li vede. La sua comprensione dei passaggi da fare è la chiave per notare e correggere gli errori del neofita, e questo vale per ogni maestro, in tutti i campi. Nel caso di un Guru, c’è anche una parte non visibile di energia che agisce, perché Lui sa che in realtà siamo Uno senza secondo, e può condividere con noi questa conoscenza anche in maniera non verbale e come vibrazione, mentre noi pensiamo di essere separati e questo influenza più o meno il passaggio di energia.
L’amore è la porta che crea il contatto; un esempio di questo è il racconto del momento in cui il lebbroso tocca la veste del Cristo che camminava circondato dalla folla, e proprio in quel momento Gesù si volta e gli parla, concedendogli la guarigione con le note parole: “Và, la tua fede ti ha salvato”. Perché solo a lui, mentre così tanti l’avevano sfiorato durante la camminata tra la folla? Egli credeva fermamente alla possibilità che anche solo un tocco della veste del Maestro poteva guarirlo, e questo creò il passaggio di energia di guarigione. Sarebbe successo anche senza la vicinanza fisica, solo pregando ad un’immagine? Sì, ed anche qui abbiamo mille riscontri, ma ci vuole molta più capacità di concentrarsi e di ricreare mentalmente un legame totale senza il minimo dubbio, cosa più facile alla presenza del Guru, come ci ha detto Sri Ramana poco sopra.
E quindi, abbiamo bisogno di un Guru o no? Possiamo avere un Maestro vissuto in passato come guida o dobbiamo cercarne uno vivente? Qui vorrei citare le parole del Maestro Sathya Sai, che ci dice:
C'è solo un guru, non due; non può esserci un guru interiore e uno esteriore. Guru è colui che impartisce il suo insegnamento dalla profondità del cuore e percorre il sentiero della Verità.
Il guru è Brahmâ, il guru è Vishnu, il guru è Maheshvara.
Il guru è il Supremo Brahman. A un tale guru m'inchino e offro i miei omaggi.
Voi siete Brahmâ, Vishnu, Shiva. Voi siete il guru. Egli non è separato da voi. Voi siete tutto. Non permettete alla vostra concentrazione di oscillare. È molto importante che rimaniate fissi sul vostro traguardo: solo questo conta.
Che siate uno studente, un capofamiglia, un asceta o un rinunciante, la meta è una per tutti. Praticate la contemplazione del Principio di Soham, Soham (Io sono Quello), come v'insegna la vostra voce interiore. Quello è il vostro guru.2
Il Guru è la luce del nostro Sé. Affidiamoci alle parole dei Maestri e meditiamo nel profondo del cuore sulla nostra vera natura, questo disperderà la nebbia dell’ignoranza e ci porterà alla meta.
Laura Sabbadin
Insegnante di Yoga ed ai Valori Umani
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1 Gli occhi del Guru disperdono il sogno, pg. 90
2 Sathya Sai - Discorso 24 luglio 2002