Dai senzatetto con il cuore
Raccontiamo in queste righe l’esperienza di un servizio svolto dai volontari del Gruppo Sathya Sai Milano E, quello di portare un po’ di the caldo, cibo e coperte a chi passa la notte in strada d’inverno durante l’emergenza freddo. Proprio grazie all’esperienza passata, dove a volte abbiamo avuto qualche difficoltà nel farci accettare da alcuni “utenti”, abbiamo deciso, come dire, una strategia diversa basata sul valore della relazione e sulla continuità d’intervento.
Abbiamo deciso, quindi, di non andare in giro a caso per Milano, una tantum, con modalità: “Tieni questo panino e arrivederci”, bensì abbiamo ristretto il nostro raggio d’azione ad una zona precisa, piazza XXIV Maggio. L’intuizione si è rivelata esatta perchè piano piano, uscita dopo uscita, abbiamo iniziato a farci conoscere, e soprattutto, a conoscere per nome i nostri amici, ognuno con una diversa storia alle spalle che lo ha portato sulla strada. Metterci la faccia e non aver paura a lasciare a questi amici il proprio numero di telefono, ovvero promettere di rivedersi la settimana dopo e, mantenere ovviamente la parola data, ha significato molto in termini di fiducia e questo ha inciso sulla buona accoglienza che abbiamo sempre ricevuto: un’accoglienza davvero speciale, quella che ci riservano, specie quando nel nostro giro di visite a cielo aperto c’erano le nostre figlie.
Abbiamo conosciuto amici, in particolare uno che abbiamo visto una notte a zero gradi dormire sul marciapiede senza nemmeno una coperta sotto cui ripararsi, ma che poi ci ha detto che viene dal Kashmir ed è abituato a queste temperature rigide. Quella notte l’abbiamo coperto con una trapunta gialla, senza che se ne accorgesse, per non svegliarlo di soprassalto.
Un altro amico che vive in simbiosi con i suoi due cani che lo riscaldano con il loro tepore, il quale ha smesso di bere e ha detto che aspetta la bella stagione per migrare in Liguria con la tenda.
Un altro che ha lo sguardo triste e gli occhi un po’ acquosi di chi ha un passato di tossicodipendenza, spesso arrabbiato perchè la ditta dove faceva il muratore a giornata lo ha lasciato a casa.
Più di tutti ci ha colpito la storia di un altro amico che vive per strada nel quartiere dove ha sempre vissuto e in cui è ancora benvoluto e dove vivono i suoi figli gemelli che frequentano la scuola a poca distanza dal giaciglio dove dorme. Una storia di lacerazioni familiari e di caduta repentina nel baratro della precarietà che ci ha lasciato sgomenti.
Una delle volte in cui siamo usciti in servizio c’era anche un membro di un’altra associazione che ha collaborato attivamente fornendoci materiale, mentre in passato li abbiamo supportati a nostra volta fornendo alimenti a una ventina di famiglie che assistono periodicamente, quando loro erano in difficoltà logistica. Alla fine questa persona si è fermata in preghiera con un assistito, lui, disteso nel suo letto improvvisato, pregava il Suo Dio senza Chiesa con noi tutti intorno, ed è stato davvero molto toccante, ci ha persino benedetti con il suo ampio gesticolare.
Gianluca Donvito