Le emozioni in famiglia - Prima parte

Un aspetto fondamentale dell’intelligenza di ogni persona è la capacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni, in altre parole quella che viene definita “intelligenza emotiva”.

Ma cos’è l’intelligenza emotiva? Possiamo definirla come un tipo di intelligenza “intrapersonale”, diretta verso l’interiorità. Chi ne è dotato ha una sufficiente conoscenza di sé stesso, delle proprie emozioni, dei propri sentimenti, dei propri difetti e virtù e sa usare questa conoscenza con buonsenso. Tutto questo determina una buona capacità di comunicare e di creare relazioni soddisfacenti sia all’interno della famiglia, che con gli amici e sul posto di lavoro.

Si comprende, quindi, quanto sia importante che i genitori sappiano trasmettere questo tipo di “intelligenza” ai propri figli.

Ci si può chiedere come si possa fare. Pensiamo, per esempio, a come ci comportiamo, pur animati dalle migliori intenzioni, davanti alle paure e alle ansie dei nostri bambini. Se le liquidiamo come se fossero immaginarie o, comunque, di scarsa rilevanza, svalutiamo ciò che sente il bambino; inoltre, se lo facciamo costantemente, possiamo fargli perdere la fiducia in sé stesso e in ciò che prova. Invece, quando ci sforziamo di vedere le cose dalla sua prospettiva, con amore ed empatia, ascoltandolo senza giudizio, possiamo cogliere il suo stato d’animo e rassicurarlo. Se i nostri figli percepiranno che noi prestiamo loro la giusta attenzione, capiranno che li stiamo comprendendo e si sentiranno più sicuri di loro stessi.

Possiamo indicare alcune linee di comportamento.

Accogliere ogni sentimento
Può accadere che alcuni comportamenti dei nostri figli, soprattutto se manifestati in pubblico, ci creino imbarazzo e ci facciano reagire istintivamente. Sul momento può essere difficile avere un atteggiamento costruttivo ed efficace, ma, successivamente, si dovrebbe riprendere l’argomento e parlarne con loro.

Dare attenzione e rispetto ai sentimenti dei bambini
Come reagire di fronte ad una paura che a noi sembra banale, eccessiva? Non minimizzare ma accettarla e interrogare il bambino: “Parliamo di questa tua paura. Cosa ti succede? Cosa senti? Come ti senti?” Aiutare a diventare consapevoli delle proprie emozioni e ad esprimerle, riportare l’attenzione del bambino a ciò che accade al suo corpo e alle sue sensazioni aumenterà anche la nostra consapevolezza al riguardo.

Praticare un ascolto attivo
Significa andare oltre le parole per percepire il sentimento, l’emozione presente in quel momento, dimostrando non solo a parole ma anche con i gesti e gli sguardi che lo comprendiamo (per esempio: sedersi accanto al bimbo, abbracciarlo, guardarlo con amore). Così nostro figlio si sentirà accolto e fiducioso.

Guidare, attraverso il dialogo, a comprendere la propria emozione
A volte il bimbo non trova le parole giuste per esprimere ciò che avverte. Aiutiamolo suggerendo noi le giuste parole: “Cosa ti è successo? Ti senti arrabbiato? Hai paura? Sei mortificato?”

Guidare piuttosto che negare
Ogni emozione è preziosa ed è un mezzo per comprendere sé stessi e gli altri. Appunto, come si è detto prima, non si deve mai sminuire ciò che sente il bambino, ma è bene aiutarlo ad esprimere sensazioni e sentimenti. Quindi accogliere e non condannare, non giudicare, dare delle soluzioni esprimendo attenzione e vicinanza.

Empatia, ascolto e guida, sono queste le parole chiave.

In famiglia prima e poi con i propri compagni i bambini hanno la possibilità di sperimentare e cominciare a comprendere le proprie emozioni. Imparano a comunicare con chiarezza, a farsi comprendere e a comprendere e, quindi, a sapersi gestire. Non si finirà di ripetere che a noi genitori toccherà il compito non solo di evitare di svalutare i loro sentimenti ed emozioni, ma anche di non stigmatizzare quei comportamenti che giudichiamo poco corretti. Dovremmo, invece, essere vicini a loro, cercare di comprendere il loro punto di vista e spiegare come è bene agire e perché, tenendo sempre presenti i cardini dell’educazione che sono i valori di verità, rettitudine, pace e amore. La regola d’oro è sempre: domandare, ascoltare, spiegare.

La maggior parte dei bambini sono, per natura, empatici ed altruisti nei confronti degli altri, soprattutto verso gli altri bambini in difficoltà. Quindi, risvegliare queste caratteristiche intrinseche in loro, è facile se solo noi mostriamo altrettanto empatia e altruismo.

Per semplificare, possiamo distinguere tre tipologie di genitori: gli autoritari, gli autorevoli e i permissivi. Mentre i genitori autoritari stabiliscono delle regole e dei limiti rigidi, senza dare spiegazioni, quelli autorevoli, pur ponendo dei limiti, sono più flessibili e amorevoli, e spiegano le ragioni dei limiti posti. I genitori permissivi sono sì affettuosi e comunicativi, ma, per eccessiva debolezza o per avere acquisito un sistema educativo poco corretto, non pongono alcun limite ai comportamenti dei figli.

Secondo studi effettuati negli USA sui bambini in età prescolare, è risultato che i figli di genitori autoritari erano “conflittuali e irritabili” 1; quelli dei genitori permissivi si mostravano spesso “impulsivi e aggressivi”, con scarsa autostima; mentre i figli dei genitori autorevoli apparivano” più sicuri di sé, collaborativi e determinati a raggiungere i propri obiettivi”.

Da ciò si evince quanto sia importante per il genitore essere empaticamente accanto al proprio figlio, cercando di comprendere ciò che egli sta provando, rassicurandolo adeguatamente. Tutto questo chiama in causa anche la nostra stessa capacità di adulti di essere consapevoli delle nostre emozioni, di saperle accettare senza giudizio, e saperle gestire. Educare gli altri è anche, al contempo, educare sé stessi.

L’influenza dei genitori sulla mente dei bambini è molto importante. È veramente l’influenza primaria e predominante sulla personalità del bambino e dei suoi schemi comportamentali. 2

I genitori di oggi si trovano ad affrontare sfide nuove, mai affrontate dai genitori delle generazioni precedenti. Le droghe, l’alcool, i “social media”, i videogiochi sono pericoli che richiedono un’attenzione particolare, una presenza e una vigilanza costante, anche se silenziosa e non opprimente.

Per fortuna oggi ci sono molti manuali sia per i genitori che per i ragazzi. Negli ultimi anni, proprio perché l’educazione dei figli, soprattutto in età adolescenziale, è diventata problematica, abbondano le pubblicazioni al riguardo. Persino il cinema si è occupato di questi temi (vedi i due film “Inside out”). È, però, importante confrontarsi anche con gli altri genitori, con gli insegnanti, con figure di riferimento come possono essere gli educatori, gli psicologi, i pediatri.

Si può affermare, quindi, che non c’è nulla che non possa essere affrontato con un po’ di pazienza e tanto amore; ma quando si parla di amore è necessario che si sgombri il campo da un possibile equivoco: l’amore - attaccamento che si alimenta di paura e che conduce a dire sempre “sì” per timore delle reazioni dei nostri figli, è pericoloso e porta a quel “permissivismo” di cui si è detto prima.

I genitori fanno fuorviare i propri figli a causa di un affetto mal riposto.3

Bruna Caroli
Professoressa in Economia, Psicologa, Mediatrice e Armonizzatrice familiare, Educatrice ai Valori Umani

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1 Diana Baumrind, Child Care Practices Anteceding Three Patterns of Preschool Behavior, vol 75, pp. 43-88
2 Sathya Sai, Educazione ai Valori Umani, Ed. Milesi, 1998, pag. 161
3 Ibidem. Pag. 162

Redazione

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