Il viaggio interiore e il risveglio della Consapevolezza
Tu non se né la terra, né l'acqua, né il fuoco, né l'aria, né l'etere. Per [conquistare] la Liberazione conosci te stesso come sostanziale consapevolezza, il testimone delle cinque sostanze. Solo se resterai stabilmente nella consapevolezza, vedendoti ben distinto dal corpo, fin da subito diventerai felice, pacificato e libero da tutti i legami. [1]
Molti Sadaka (chi percorre il sentiero realizzativo) hanno osservato discipline lunghe e severe per riuscire a entrare nel regno in cui non c’è alcun legame; essi hanno recitato il Nome, meditato sulla Forma o sottomesso i sensi. Altri si sono avventurati, con la ragione come guida unica, nel regno della consapevolezza interiore e hanno scoperto che la liberazione consiste nel raggiungere la Realtà che è dietro tutti i fenomeni transitori e caleidoscopici, ma le esperienze di questi eroi, uomini e donne, sono scartate come millanterie di sciocchi da coloro che vivono sulla superficie fragile del primo dei cinque involucri della personalità umana, cioè il corpo fisico. Essi identificano il corpo come se stessi e non cercano dietro la falsità, nel regno della Verità. [2]
Il viaggio interiore è come l’esplorazione di un territorio sconosciuto dove in ogni luogo ed in ogni momento dobbiamo mantenere una capacità di apertura al nuovo, insieme ad un senso di stupore.
È un percorso di ricerca e di evoluzione personale per far luce sui grandi temi che da sempre accompagnano la vita umana e non soltanto le classiche domande: chi sono io? Da dove vengo? Dove vado? Ma anche tutto ciò che riguarda il quotidiano: il modo di convivere con noi stessi e con gli altri, la nostra consapevolezza nei confronti del mondo. La meta ultima è la persona stessa, l’io più segreto e profondo. Chi segue un cammino spirituale deve essere un ricercatore e non accontentarsi di quello che dicono i Maestri, ma deve sperimentarlo.
Non fatevi guidare da dicerie, da tradizioni o dal sentito dire; non fatevi guidare dall’autorità dei testi religiosi, oggetto spesso di manipolazioni; non fatevi guidare solo dalla logica o dalla dialettica, né dalla considerazione delle apparenze, né dal piacere del filosofare, né dalle verosimiglianze, né dall’autorità dei maestri e dei superiori.
Imparate da voi stessi a riconoscere quello che è nocivo, falso, cattivo e, dopo averlo osservato e investigato, avendo compreso che porta danno e sofferenza, abbandonatelo. Imparate da voi stessi a riconoscere quello che è utile, meritevole e buono e, dopo averlo osservato e investigato, avendo compreso che porta beneficio e felicità, accettatelo e seguitelo. [3]
Molto spesso questa sperimentazione richiede coraggio, in quanto comporta che vengano attraversate le regioni oscure del proprio essere, in cui potrebbero nascondersi temibili mostri. Proprio come nelle leggende, l’eroe non fugge davanti al drago ma lo affronta e lo combatte, chi è impegnato nel difficile compito di conoscere se stesso deve esplorare il suo inconscio.
Noi non cesseremo l’esplorazione
e la fine di tutte le nostre ricerche
sarà di giungere là dove siamo partiti,
e conoscere il luogo per la prima volta.[4]
La conoscenza realizzativa non è legata a nozioni teoriche, ma, attraverso l’opportuna assimilazione, trasforma noi stessi e diventa consapevolezza della nostra vera natura, di ciò che siamo veramente: l’Atman, lo Spirito.
Allora la persona è libera dalla propria individualità e si dissolve nell'oceano delle Beatitudine, come un fiume che ha raggiunto l'oceano e realizza la propria essenza come Satcitananda (Essere Coscienza Beatitudine).
Insegnante Yoga e Formatrice
Carla Gabbani
[1]Ashtavakra Gita, cap.I
[2]Sathya Sai, Discorso 24 Marzo 1971
[3]Buddha, Kalama Sutta
[4]T.S. Eliot, Quattro quartetti